Emergenza Covid-19 ed emergenza violenza di genere: l’esperienza della Rete Codice Rosa
V.B.: Vittoria, partiamo dagli effetti ormai noti che il lockdown ha generato con riguardo alla violenza domestica, ostacolando in modo importante l’accesso a strumenti di denuncia e di richiesta di aiuto: prendiamo atto che la chiusura tra le mura di casa ha ridotto –soprattutto nel primo periodo- il numero delle segnalazioni, ma non ha ridotto gli episodi di violenza. Questo assunto trova riscontro anche nell’esperienza dei pronto soccorso?
Vittoria Doretti: Il pronto soccorso di per sé è il luogo peggiore dove trattare queste delicate situazioni, perché è il luogo più violento e cruento. Purtroppo, non di rado la donna vittima di violenza e i suoi bambini da lì finiscono per passare: ecco perché nasce Codice Rosa.
Come squadra del Codice Rosa eravamo già in grande allerta a febbraio. Come noto, il messaggio che veniva reiteratamente lanciato a livello nazionale era “State a casa” perché quello è il luogo sicuro: la nostra esperienza ci ha insegnato che però che per alcune donne quello non è affatto il luogo sicuro, anzi. Quindi, all’interno della squadra del Codice Rosa ci siamo messi tutti in disponibilità h24 per supportare il pronto soccorso, che avrebbe affrontato un momento drammatico: che cosa poteva accadere? Poteva accadere che alcune situazioni sfumate che richiedevano attenzioni particolari non arrivassero (perché il messaggio generalizzato che veniva dato era di non rivolgersi ai pronto soccorso, di non intasare i pronto soccorso) o potessero andare perse (perché l’attenzione dei sanitari era doverosamente concentrata su altre tipologie di intervento, collegate al Covid-19): ecco perché la costante disponibilità della squadra di Codice Rosa era fondamentale per sostenere l’attività dei sanitari impegnati “in prima linea”. Abbiamo ipotizzato che le situazioni che avremmo avuto in pronto soccorso sarebbero state le più complesse e che avrebbero avuto bisogno di una grande attenzione anche nelle fasi successive, con la necessità non solo di una presa in carico, ma anche di una presa in cura. Alla difficoltà dei presidi sanitari si sommava la difficoltà operativa dei centri antiviolenza che non potevano più fare incontri de visu, in osservanza del distanziamento sociale e del lockdown: quindi sono state incrementate le linee telefoniche.
V.B.: Le modifiche (per quantità e per intensità) delle richieste di aiuto per violenza domestica hanno trovato pronte le strutture sanitarie, sulle quali contestualmente gravava il difficile compito di far fronte all’emergenza Covid-19?
Vittoria Doretti: Nelle strutture sanitarie si è mantenuto un collegamento costante con la cabina di regia regionale (assessori regionali, prefetture, centri antiviolenza, enti ospedalieri), che ha costantemente aggiornato e coordinato i ruoli e gli interventi di ciascuno. La rete del Codice Rosa è un’entità molto liquida e quindi siamo riusciti a riadattare anche la realtà ospedaliera alla nuova emergenza. All’inizio i casi erano molto pochi, ma estremamente delicati, e i colleghi di pronto soccorso ci hanno subito contattati, senza sottovalutare l’entità del problema. L’esperienza più che decennale di lavoro di squadra evidentemente ha dato i suoi frutti. La rete ha funzionato nei suoi vari passaggi, a partire dal momento di accesso alle strutture ospedaliere, per passare alla presa in carico delle donne e dei bambini a rischio di reiterazione della violenza, fino all’intervento dell’autorità giudiziaria.
Oltre che in sede giudiziaria e forense, una particolare attenzione al rischio di vittimizzazione secondaria è stata sempre mantenuta anche dal personale medico e di pronto soccorso.
V.B.: Ci sono state ricadute sul personale sanitario impegnato in questa doppia emergenza?
Vittoria Doretti: Gli infermieri e le infermiere nel nostro team hanno una sensibilità in più ed è stato molto apprezzato dai colleghi del pronto soccorso la nostra disponibilità ad essere costantemente coinvolti. Codice Rosa ha acceso una luce anche sulla solitudine degli operatori, di chi è al triage, così come –su altro fronte- dell’insegnante che percepisce una situazione e ha timore di essere solo. L’idea della squadra, della rete (che sia una rete vera e non sulla carta) fatta di persone che rappresentano ciascuna un nodo, è importante, perché di fronte all’emergenza abbiamo stretto questi nodi.
V.B.: Traendo spunto dal complesso periodo vissuto in questi mesi, di cosa possiamo far tesoro per affrontare con maggiore efficacia e consapevolezza la “perenne emergenza” della violenza domestica e di genere?
Vittoria Doretti: Abbiamo fatto una grande campagna di comunicazione –anche a livello nazionale- e di informazione (Lazio e Toscana sono state le Regioni che hanno avuto più chiamate) attraverso giornalisti, locandine, faq, con l’indicazione continua del 1522 e ricordando che uscire per recarsi al pronto soccorso era una giusta causa di spostamento, ricorrendo una situazione di necessità.
Una volta superata la fase del passaggio in pronto soccorso, però, non c’era la possibilità di andare in un centro antiviolenza o in una casa rifugio, proprio per la questione Covid-19 e tutte le istituzioni e i partner di Codice Rosa si sono attivati per trovare una soluzione per mettere in sicurezza le donne che si erano rivolte al pronto soccorso e non avevano un luogo dove ripararsi. Sono state individuate prontamente soluzioni temporanee con la disponibilità di alberghi che potessero supplire all’inaccessibilità delle casse rifugio.
Sono state molti le idee e gli spunti che abbiamo avuto. Il pronto soccorso era il luogo più a rischio, perché poteva irrigidirsi nella difficile gestione del covid-19. Abbiamo verificato che, invece, la presenza e la disponibilità continua della squadra Codice Rosa ha consentito di superare questo rischio, così come hanno lavorato bene le autorità giudiziarie, la stampa e in genere la comunicazione.
Ora, pur nella consapevolezza che può esserci un ritorno alla fase 1, guardiamo alla gestione di questa fase 2 e anche oltre alla fase 3: per la fase 2/3 abbiamo bisogno di rafforzare ancora di più i consultori, creare tante strade che possano essere alternative anche al pronto soccorso, rafforzando l’asse con i medici di famiglia e ai pediatri; l’impegno forte poi è con gli uffici scolastici, i progetti con le scuole e con l’università.
Bisogna sicuramente implementare la componente comunicativa attraverso soluzioni agili come il web: La Polizia di Stato ha fatto un’operazione eccezionale, aveva una app (YouPol) che era dedicata al bullismo e in poche ore è stata aperta anche alle donne vittime di violenza, anche con la possibilità di geolocalizzazione. Ecco, offrire agili e rapide vie d’accesso alla comunicazione, magari suggerendo modalità utilizzabili anche nelle situazioni più difficili di contesto domestico: il resto viene dopo e dobbiamo essere sempre preparati, anche nell’emergenza.
Intervista a Vittoria Doretti, Direttrice UOC Promozione ed Etica della Salute – Direzione Sanitaria A.S.L. Toscana Sud-Est
Responsabile Rete regionale Codice Rosa – Regione Toscana